TAMARA DE LEMPICKA – Successo e depressione
D’origine russo-polacca e d’estrazione nobiliare, ben poco si conosce della sua storia famigliare, nonché della sua esatta data di nascita, che a suo dire risalirebbe al 1902 ma dai documenti matrimoniali, pare fosse avvenuta nel 1898.
Non vi è dubbio però che Tamara Rosalia Gurwik Gorska -sposata De Lempika (e in seconde nozze, Baronessa Kuffner )- ebbe una vita piena di avvenimenti unici, incontri straordinari, sia nel mondo dell’arte e della letteratura, da Martinetti a D’Annunzio, da Picasso con il quale espose in mostra nel 1932, a Dalì ma anche nell’ edonismo del liberty in cui regnava l’ideale del bel vivere, le serate alla moda, l’estetica dandy che assorbiva l’interesse del jet set e dell’ambiente chic di quegli anni.
L’arte di Tamara, dal periodo giovanile fino alla seconda guerra mondiale, si destreggia tra lo studio dei grandi maestri -fiamminghi o francesi ottocenteschi come Ingres- e l’attrazione per i contemporanei come il futurismo o il Cubismo di Braque, che accompagnano il suo stile pittorico in gran parte della sua produzione di questi decenni, soprattutto nella ritrattistica.
L’artista polacca godette l’apice del suo successo proprio in questo periodo, tra le due guerre mondiali, trascorrendo la vita in giro per il mondo, tra l’Europa e gli Stati Uniti, soggiornando nelle più prestigiose città del mondo (visse anche ad Hollywood, dove realizzò moltissimi ritratti di attori e personaggi dello spettacolo, una tra tutti Greta Garbo di cui Tamara fu appassionata ammiratrice ma la trasgressione, il tenore di vita dispendioso dei fasti modaioli, gli eccessi, i vari amanti, maschili e femminili che raffigurava poi, in tanti suoi quadri, mentre attiravano l’attenzione e il successo su di lei, contribuivano però, a destare nella sua personalità, una sorta di insoddisfazione o di insofferenza, quasi una ricerca di qualcosa che potesse andare ‘oltre’ la vita materiale, per quanto fosse sfarzosa e gaudente
Di qui, un tormento interiore che l’accompagnò per moltissimi anni, fino a tarda età contaminando gli stessi rapporti familiari, compreso quello con la figlia Kizette, protagonista di varie, straordinarie opere alcune delle quali, nel tempo, acquisite anche da importanti musei del mondo.
La depressione fu per lei fedele compagna di vita, aggravata inoltre dall’arteriosclerosi, contratta a soli quarant’anni nel suo iter creativo venne a crearsi una cesura che divise la prima fase (quella degli anni trasgressivi -fino alla seconda guerra mondiale- in cui spicca una grande produzione di opere d’impatto visivo, tutte caratterizzate da una certa, ieratica, monumentalità ottenuta con poche e vibranti tonalità di colore, superfici levigate e patinate) da una seconda fase in cui, dopo una serie di lavori a carattere religioso, si dedicò soprattutto ad uno stile più surrealista e in seguito, più vicino all’astrattismo, fino a giungere alla sperimentazione di toni e soggetti legati più strettamente alla natura, alle antiche origini mediterranee, senza mai disdegnare però, il suo amore per la ritrattistica.
Anna Rita Delucca