La cipolla

Nel settembre del 1739 il trentenne Charles de Brosses, conte di Tournay, in viaggio per l’Italia, giunse a Bologna e in una lettera all’amico de Neuilly scrisse: «Le cose più importanti della piazza principale sono: 1) montagne di cipolle bianche, alte quasi quanto i Pirenei.» Descrivendo le meraviglie di piazza Maggiore, il nostro de Brosses pose al primo posto le cipolle!

È scandaloso, sì, ma occorre ricordare che la qualità delle cipolle bolognesi era universalmente riconosciuta. Nel 1586 Baldassarre Pisanelli, nel suo Trattato della natura de’ cibi et del bere, sottolineava che le cipolle «si fanno ancora grossissime e eccellentissime in Romagna in un luogo detto la Massa de’ Lombardi»: l’area di produzione, lo si comprende bene, è quella compresa tra Massa Lombarda, Medicina ed Imola.

Lo stesso Pisanelli, che era medico, dopo aver esaltato le qualità organolettiche della cipolla, si preoccupava di sottolinearne le proprietà medicinali: «assottiglia gli humori, fa buon appetito, e buon colore»; consentirebbe inoltre, associata alla noce ed al sale, di curare la rabbia.

Mezzo secolo più tardi, il marchese Vincenzo Tanara, nell’opera L’economia del cittadino in villa, specificava che la cipolla «rompe la pietra, e netta le reni […] e, misticato con grasso di gallina, sana le buganze.» Per le buganze (i geloni) non saprei davvero, fatto sta che un secolo più tardi Jean Noël Hallé, primo medico di Napoleone Bonaparte, pensò di ingozzarsi di cipolle per mesi allo scopo di eliminare un calcolo alla vescica: non ci riuscì, fu operato d’urgenza e morì sotto i ferri.

Oggi sappiamo che la cipolla, utilizzata cruda, possiede buone proprietà antiossidanti, batteriostatiche, antinfiammatorie ed ha un discreto effetto ipoglicemizzante; è ricca di cromo, zolfo, vitamina B6 e polifenoli. Il suo consumo determina però alitosi ed è comunque sconsigliato in presenza di ernia iatale, iperacidità e meteorismo. Bartolomeo Scappi, cuoco personale di papa Pio V, nella sua Opera dell’arte del cucinare pubblicata nel 1570, suggeriva di utilizzare, per renderla più digeribile, “cipolla vecchia” tenuta a mollo prima in acqua calda e poi in acqua fredda: provare per credere.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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