Buia, la città senza libri
(Maria Genovese)
Luigi è un bambino molto curioso: una farfalla gli passa davanti svolazzando? Lui lascia qualsiasi cosa stia facendo per seguirla, per capire come fa a volare, a sbattere le ali, a non farsi trascinare via dal vento. Trascorre ore a guardare il cielo, cercando di capire come fanno a muoversi le nuvole, dove vanno le stelle quando c’è il sole, cosa sono quelle strane strisce bianche che vede formarsi ogni tanto e sembrano muoversi. Ma soprattutto cerca di capire cosa c’è oltre quella linea dove il cielo si confonde con la campagna. Povero Luigi: non è facile la vita per un bambino curioso come lui, in una città come Buia. Perché Buia è una città molto strana: una città dove non esistono i libri. Ma neanche uno! A scuola si va, è ovvio, ma solo per imparare quello che serve per capire che, se entri in un negozio dove c’è una insegna con su scritto “salumeria”, non potrai comprarci di sicuro un chilo di mele o 10 chiodi. O per sapere che se una caramella costa 1 soldo, per comprarne due ti servono 2 soldi. Se durante un viaggio capita di incontrare Buia, qualsiasi viaggiatore passa oltre, visto che a Buia non c’è nulla di interessante. Così, tutti a Buia sono convinti che oltre la campagna che la circonda non ci sia nulla… o forse neanche se lo sono mai chiesto, tanto hanno tutto quello che serve per sapere dove entrare a comprare del salame e quanto spendere per comprare delle caramelle! Ma Luigi è troppo curioso. Abita proprio nell’ultima casetta in fondo alla strada, vicino alla campagna che circonda Buia: solo prati e qualche alberello. E Luigi non fa altro che chiedersi cosa ci sia dietro la linea che unisce il cielo alla terra, tanto che un giorno, messa una merenda nello zaino, nel caso il viaggio dovesse essere troppo lungo, si mette in cammino verso quella linea. Il viaggio non dura poi tanto: non impiega neanche un’ora per incontrare una città che ai suoi occhi sembra incredibile. In realtà non è poi tanto diversa da Buia: anche qui ci sono persone che passeggiano, che entrano ed escono dai negozi, o che aspettano il bus. C’è l’ospedale, la scuola e il comune. Ci sono però dei negozi che Luigi non ha ma visto prima, con una strana insegna: LIBRERIA. E dentro quei negozi, degli strani oggetti, quadrati o rettangolari, di dimensioni diverse e colori diversi. Con la parte esterna che può essere di cartone rigido o morbido, e in mezzo delle cose che sembrano fogli di carta. Luigi è troppo curioso, e vorrebbe entrare per comprarne uno, ma non sa nemmeno che moneta usino in questo paese! Ma la scoperta più eccezionale non tarda a venire: poco lontano dalla scuola, Luigi si imbatte in un grande edificio, con una grande scalinata che porta all’ingresso. Sale le scale, entra dentro e scopre che è pieno zeppo di quegli strani oggetti di poco prima: sono LIBRI. Grandi, piccoli, nuovi, antichi, preziosi e decorati o anche solo pieni di scritte fitte fitte fitte. Luigi non resiste alla curiosità, e prova a chiedere “Quanto costa?” La signora a cui si rivolge lo guarda stupita: “Come quanto costa? Mica è una libreria questa? Questa è la biblioteca comunale! Qui i libri si leggono, si prendono in prestito, mica si comprano!” Luigi non sta più nella pelle: non sa esattamente cosa chiedere, e prova a prenderne uno a caso, e comincia a leggere: e legge, legge, legge… Scopre così che quegli strani oggetti contengono storie, descrivono luoghi, persone, animali, oggetti. O addirittura emozioni. A Luigi sembra di avere tutto il mondo a portata di mano, la soluzione alla sua curiosità, una avventura continua! Tornato a casa non riesce a pensare ad altro: se ne sta seduto in tavola con la forchetta a mezz’aria, la bocca semiaperta e lo sguardo sognante. Tanto che la mamma lo guarda preoccupata. “Ma Luigi, dove hai la testa? Vedi che ti stai rovesciando tutto addosso?” Ma Luigi neanche la ascolta, si alza da tavola e va alla finestra, ad osservare la linea in cui il cielo si confonde con la campagna: ora sa che il mondo non finisce lì, anzi. Decide così che all’indomani avrebbe ripetuto la sua escursione. E infatti il giorno dopo, zaino in spalla, riparte all’avventura: torna in quel paese, torna in quella biblioteca. E ci torna anche il giorno dopo e quello dopo e quello dopo ancora. E ogni volta staccarsi dai libri è quasi una sofferenza, non riesce più a separarsene. “Guarda, che basta che ti fai la tessera e io il libro te lo presto, così te lo puoi leggere tranquillamente a casa.” Gli dice un giorno la bibliotecaria, che ormai, a furia di vederlo lì tutti i pomeriggi è diventata sua amica. A Luigi sembra di sognare: leggere i suoi amati libri, a casa, di nascosto sotto le coperte… il suo piccolo segreto. Ne è addirittura geloso. Non vuole dividerli con nessuno. “Tanto, a chi vuoi che interessi?” Pensa tra sé per giustificare il suo egoismo. Un giorno mentre si prepara per andare in biblioteca a scegliere un libro nuovo, vede dalla finestra della sua cameretta un’auto che si avvicina sempre di più, ed entra nel paese. Ma Luigi non è l’unico a notarla. Man mano che la macchina si avvicina, la gente di Buia esce dalle case e si riversa in strada, incuriosita. Nessun abitante di Buia, neanche il più vecchio, ricorda di avere mai visto uno “straniero” in città. Per cautela, qualcuno si porta dietro qualcosa per difendersi: chi un fucile da caccia, chi una pistola scacciacani, chi il forcone. Non si sa mai, la prudenza non è mai troppa. “Scusate, temo di essermi perso. Sapreste indicarmi la strada per…” Con un urlo unico la gente di Buia fa un balzo indietro, qualcuno alza il forcone, qualcun altro punta il fucile: dall’auto, è sceso un omone grande, grosso… e NERO! “Che cos’è?” sussurra qualcuno intimorito. “Credo che questo signore venga dall’Africa” dice sicuro di sé Luigi. “Forse i miei avi, io vengo from United States of America, dagli Stati Uniti” risponde sorridendo, ma intimorito, l’omone. “Dall’America? E vivi in un grattacielo?” Chiede curioso Luigi. “No, no. Vivo in una casetta di campagna come queste” dice l’omone che, avvicinandosi a Luigi, gli scompiglia i capelli sorridendo gentilmente. “Lascia stare il mio bambino – urla la mamma di Luigi, strappando di mano al suo vicino il fucile da caccia – E tu, Luigi, allontanati da lui!” “Ma mamma, non avere paura, non è pericoloso. Viene soltanto da un altro paese.” “Quale altro paese? Non esistono altri paesi – sentenzia il sindaco di Buia – oltre la campagna non c’è niente!” “Non c’è niente? E lui allora come te lo spieghi?” dice Luigi L’omone, che non capisce cosa stia succedendo, porta una mano alla tasca della giacca e ne tira fuori una cartina. “Scusatemi, mi sono semplicemente perso. Io vengo da…” Ma non riesce a finire la frase, che i cittadini di Buia fanno un altro balzo indietro terrorizzati, e tutti quelli che hanno un’arma con sé gliela puntano contro. “Ma cosa succede?” chiede sbigottito l’omone. “Succede che questa è Buia, la città senza libri. Qui le persone non hanno mai visto un libro, e non hanno mai visto neanche un mucchio di altre cose se è per questo. Credono che il mondo finisca qui, che non ci sia niente altro oltre l’orizzonte. E hanno paura.” “Luigi, ma cosa stai dicendo?” chiede la mamma. E allora Luigi comincia a raccontare: racconta della sua escursione oltre la linea dove il cielo si confonde con la campagna, della bellissima città che ha incontrato, delle librerie, della biblioteca e dei libri. E mentre parla, si accorge che la gente comincia a rilassarsi, abbassa le armi, si avvicina, lo ascolta, e poi comincia a fare domande, a incuriosirsi. E’ arrivato il momento per Luigino di non tenere più il segreto per sé: corre a casa a prendere i libri che ha preso in prestito alla biblioteca e comincia a mostrarli, a sfogliarli, a leggerli a voce alta. E tutti, incantati, lo ascoltano fino a che il sole non lascia il posto alle stelle. Che durante il giorno non vanno da nessuna parte: semplicemente non si vedono, perché il cielo è troppo luminoso. Luigi adesso lo sa, perché lo ha letto in un libro.